La mia Storia
LA MIA STORIA
La storia di Alchimista Lactis ha inizio nell’estate del 2008, mentre mi trovavo in Svizzera per fare nuove esperienze lavorative. Ero lì già da circa quattro anni, e come tanti italiani all’estero avevo trovato il mio posto nel mondo nella ristorazione.
In un primo momento, mi sono occupato della cucina, ma – nonostante le grandi soddisfazioni regalate dalla possibilità di mettere in pratica la mia creatività – per me era spesso fonte di grande stress: il fatto di rimanere sempre “dietro le quinte” non mi piaceva e mi mancava il contatto con le persone.
Passando in sala qualche tempo dopo, le cose sono cambiate: darmi da fare era decisamente più piacevole a contatto diretto e costante con il pubblico e i clienti. Nel lavoro di sala però… non c’era nulla da creare.
Proprio per questo dissidio, non ho mai sentito la ristorazione come qualcosa che potesse soddisfarmi umanamente e a livello lavorativo: avevo bisogno di qualcosa di diverso, sentivo di non aver ancora trovato la mia strada.
Inoltre, ricordo distintamente che proprio in quel periodo, fra Natale e Pasqua, era nato in me un vecchio desiderio, stuzzicato anche dalla vista dei meravigliosi paesaggi montani: quello di intraprendere una vita a contatto con la natura e gli animali, diventando un produttore agropastorale.
Mio nonno era un pastore casaro, e due miei zii avevano le mucche, ma con la crisi economica e il ribasso del prezzo del latte avevano abbandonato l’attività quando ero molto giovane.
Sono sempre stato affascinato da quel mondo, al punto che da bambino il mio sogno non era fare il calciatore o l’attore: io volevo fare il contadino con gli animali e mungere!
Fu così che cominciai a cercare un alpeggio in cui fare esperienza per la stagione estiva.
Inizialmente non fu affatto facile e trovai molte porte chiuse, principalmente a causa del sistema svizzero: laggiù, se fai un determinato lavoro solitamente è perché hai studiato per farlo, al punto che gli studenti fanno tre giorni di scuola e tre giorni di pratica presso un’azienda già a partire dal loro primo anno di formazione.
In alpeggio le possibilità sono leggermente più ampie, ma soltanto perché pochi sono disposti a condurre la vita dura e aspra che prevedono quei luoghi.
Dopo parecchie ricerche sono finalmente riuscito a trovare un contadino disposto a farmi lavorare nella successiva stagione estiva, da giugno a settembre.
Era un alpeggio vecchia maniera, isolato da tutto, passava solo qualche turista ogni tanto per fare trekking.
Avevamo messo fuori dei cartelli con scritto “Vendita yogurt e formaggi”, quindi ogni tanto qualcuno si fermava ed io ero incaricato di occuparmi di loro, dalla vendita alla preparazione di qualche piatto, forte della mia esperienza nel mondo della ristorazione.
Proprio lì nacque l’amore per questo lavoro e capii subito che quello era il mio mondo: mi gratificava enormemente avere quel tipo di rapporto col pubblico e al contempo essere parte integrante del processo di produzione (anche se ero agli inizi e mettevo ancora poco le “mani in pasta”).
A metà del mio percorso fui messo a dura prova: a causa di una brutta caduta mi feci molto male a una gamba, al punto che fui trasportato in ospedale con l’elicottero.
Frattura del menisco e del legamento: avrei dovuto operarmi.
Mi trovai di fronte a due possibilità:
rinunciare al mio percorso in alpeggio e affrontare subito l’operazione, o attendere qualche tempo e completare la stagione.
Decisi di proseguire fino in fondo, nonostante la mia povera gamba: ormai non potevo più farne a meno, perché ero troppo entusiasta di quel mondo.
L’anno successivo decisi di ripetere quell’esperienza, stavolta in un alpeggio più grande in cui si producevano più tipi di formaggio, dato che ormai ero affamato di conoscenza e volevo imparare il più possibile.
La struttura era migliore e da lì passavano più persone. Inoltre, il capo casaro doveva scendere una volta a settimana in paese per problemi familiari e in quei giorni ero proprio io ad occuparmi di tutto ciò che succedeva nel caseificio: controllare il latte, controllare la cantina, girare il formaggio e tante altre attività che mi entusiasmavano molto.
Chi non ci è mai stato non può immaginare quanto lavoro richieda. A metà stagione il proprietario dell’alpeggio dovette stare via per 15 giorni e in quel periodo imparai veramente tantissimo: stavo finalmente cominciando a realizzare il mio sogno.
Al termine di questa seconda esperienza trovai un caseificio che mi prese stabilmente nonostante fossi nuovo in quel mondo.
Da lì in poi il formaggio è diventato tutta la mia vita.
Presto mi sono trovato a vendere in vari negozi importanti in Svizzera, in Austria, fino ad arrivare ad Eataly a Roma e poi a Monaco.
Quando mi sono sentito pronto, ho deciso che era giunto il momento di aprire la mia attività: così è nato Alchimista Lactis.
La scelta del nome deriva in parte da un libro che mi fu regalato durante il mio periodo trascorso in Francia: L’alchimista di Paulo Coelho.
È un libro che parla di terre verdi, pastorizia e viaggi e che evoca nella mia mente quelle visioni delle quali ho sempre cercato di circondarmi nella realtà.
La scelta del termine Lactis, che significa “latte” in latino, è un richiamo al territorio del parco di Veio, a Roma e all’idea della trasformazione del latte: per l’appunto, mi sono battezzato l’alchimista del latte.
Mi piace ricercare nomi unici anche per i miei formaggi: nomi che rievochino sempre elementi tipici di questo splendido territorio, che spero di poter valorizzare e far conoscere a quante più persone possibile.
Dopo tante peripezie finalmente sono riuscito a realizzare il mio sogno e sono contento di poter condividere con tutti gli amanti del buon cibo e della qualità, tante creazioni fatte proprio come una volta, senza chimica, senza conservanti e con solo materie prime del territorio.
